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Il contesto

Il CPIA Nelson Mandela accoglie tutti coloro che, usciti nel corso della vita dai circuiti scolastici ordinari, sono in cerca di una seconda possibilità avendo come obiettivo il riscatto sociale, l’integrazione culturale, l’inserimento professionale e lavorativo o semplicemente assecondando il desiderio di tornare tra i banchi per recuperare il tempo passato, di ritrovare il piacere della istruzione, della formazione, della cultura personale. Il CPIA Nelson Mandela, operando attivamente sul territorio, si pone la finalità educativa di far crescere e integrare, all’interno della società, persone in situazioni di grave disagio sociale, studenti a rischio dispersione scolastica, adulti con esigenze di ricollocazione nel mondo del lavoro e individui che provengono da tutte le parti del mondo, offrendo a tutti gli strumenti di comunicazione e di dialogo che permettano di dare, alla società odierna, un contributo in termini di capitale umano, di ricchezza originata dalla diversità. L’eguaglianza è un valore fondante della nostra comunità nazionale, è uno dei principi che ha maggiormente ispirato i padri della nostra Repubblica, è sancito dalla Costituzione e garantito dalla legge; ma, purtroppo, rimane, ancora, sotto molti aspetti, un ideale difficile da concretizzare. Obiettivo delle istituzioni repubblicane sin dalla loro nascita, infatti, è rimuovere gli ostacoli materiali e immateriali, economici e sociali, che, limitano, di fatto, l’eguaglianza dei cittadini e ne impediscono il pieno sviluppo e l’effettiva partecipazione alla società del Paese. L’istruzione è uno degli strumenti principali previsti dal nostro ordinamento per raggiungere l’eguaglianza reale e sostanziale, perché favorisce la crescita, la libera espressione delle facoltà e della personalità di ogni individuo e il suo pieno inserimento socio-economico. La Repubblica garantisce la presenza nel territorio di scuole statali di tutti i tipi, ordini e gradi e assicura il libero accesso all’istruzione scolastica, senza alcuna discriminazione. L’istruzione è obbligatoria e gratuita, è rivolta a tutti, anche a quanti sono in condizioni di difficoltà economiche, a quanti sono in condizioni di disagio o hanno bisogni educativi speciali. Tuttavia il profilo educativo e formativo della nostra comunità nazionale non è consolante: dagli ultimi dati ISTAT, circa il 40% della popolazione adulta (tra 15 e 64 anni) non ha adeguate competenze nel dominio di literacy e numeracy, è priva del diploma di scuola secondaria di secondo grado, siamo all’ultimo posto della graduatoria OCSE nelle competenze alfabetiche ed al penultimo nelle competenze matematiche (PIAAC). I Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (CPIA), avviati dall’anno scolastico 2014/2015, si propongono di rispondere alle esigenze e alle criticità formative di una parte specifica di popolazione scolastica: gli adulti. VISION e MISSION del nostro Istituto non sono quelle di trasmettere sapere o trasferire apprendimenti, né di guidare i corsisti al conseguimento dei Diploma in tempi ridotti. I nostri corsisti sono parlanti che vivono oggettivamente in condizioni di svantaggio socio-economico, relegati in una posizione comunicativa subordinata. Noi vogliamo agire sul presente, tenendo ben a mente gli insegnamenti della scuola di Barbiana: vogliamo una scuola capace di ascoltare tante lingue, specie quelle create dai poveri e rinnovate all’infinito, una scuola che non respinga nessuno, che non cada mai alla tentazione di cacciare via i fastidiosi studenti problematici, ma che cerchi di valorizzare chiunque, che diventi un presidio di legalità nel territorio, che non riproduca le differenze tra bianchi e neri, tra ricchi e poveri, tra uomini e donne ma che operi per sanare le fratture, rispettando le specificità di ognuno. Vogliamo permettere ai nostri corsisti di avviare un percorso di riappropriazione critica e ricostruzione sociale del proprio esistente, divenendo attori sociali consapevoli. Vogliamo preparare al lavoro ma difendiamo la visione gramsciana di una scuola «disinteressata» e «formativa», non destinata a una piccola élite di signori, che non addestri al lavoro ma educhi alla cittadinanza, fuori dagli schemi di una cultura ancora profondamente coloniale e settaria. Per questo lavorare in un CPIA è un mestiere difficile. Per scelta, da anni, come un ambizioso team in sinergia, abbiamo deciso di non limitarci alla sufficienza, di non volare basso ma di azzardare: cerchiamo soluzioni inedite in assenza di una formazione specifica, cerchiamo di sperimentare, innovare, progettare nuovi modelli di organizzazione e didattica, capaci di garantire elevati standard di qualità, di inclusione, di formazione e di partecipazione e, in alcuni casi, di ambire all’eccellenza. Ogni corsista meriterebbe un trattato di pedagogia, eppure abbiamo poco tempo e pochissime risorse: la debole scolarizzazione rende difficile, se non impossibile, la realizzazione di percorsi di inserimento socio-economico adeguati, produce una forte oscillazione nelle frequenze e rende complessa la progettazione. I corsisti rimangono a volte solo pochi mesi, il gruppo di livello varia sensibilmente da ottobre a maggio, ci sono frequenti trasferimenti anche in prossimità degli esami che spesso vanificano il progetto formativo e costantemente registriamo nuovi arrivi a cui, non senza difficoltà, abbiamo scelto di garantire la possibilità di accedere ai corsi. L’insieme di queste criticità strutturali ci impone soluzioni originali: curvare la didattica sugli apprendenti, adottare nuovi modelli organizzativi (dall’interclasse, alle classi aperte con gruppi di livello multipli), scegliere metodologie sperimentali e di apprendimento cooperativo (dal peer-to-peer alla didattica laboratoriale), selezionare con attenzione i contenuti disciplinari, scegliere percorsi chiari capaci di valorizzare le intelligenze, procedere per semplificazione evitando le banalizzazioni, assicurare positive relazioni tra pari e un buon clima relazionale, in numerose classi multiculturali, eterogenee plurilingue, praticare l’interdisciplinarità come metodologia, rivisitare tutta l’impostazione disciplinare in una prospettiva piagetiana, per cercare una sinergia contenutistica oltre che metodologica, programmando e agendo per assi culturali e non per discipline, favorire la cooperazione tra docenti e apprendenti, la problematizzazione costante del processo conoscitivo. Tutto questo comporta tanto lavoro, ben oltre compiti e orari. Serve sicuramente una forte motivazione ma soprattutto serve un progetto. L’idea di fare della scuola un luogo ideale, dove ogni apprendente, donna o uomo, adulto o minore, possa studiare seriamente e serenamente, provando almeno in teoria a sanare le fratture e le contraddizioni che si porta dentro. Per questo, orientati come comunità educante a dare un messaggio preciso abbiamo intitolato l’Istituto a Nelson Mandela, un uomo capace di incarnare il nostro progetto e le nostre ambizioni. Nero, africano, attivista per i diritti civili, avvocato, per 26 lunghi anni recluso, represso ma mai sconfitto, il primo presidente sudafricano non bianco a essere eletto con suffragio universale, un rivoluzionario, un uomo di stato internazionalista, un combattente convinto sostenitore di riconciliazione e pacificazione, simbolo dell’attivismo anti-segregazionista, dell’antirazzismo, premio Nobel per la pace e la libertà di pensiero. Usando le parole di Nelson Mandela, vogliamo promuovere l’educazione perché crediamo fermamente che sia l’unico grande motore dello sviluppo personale e che solo da questa possa venire per ciascuno la capacità di valorizzare al meglio ciò che ognuno di noi ha: l’istruzione è la porta d’ingresso alla libertà, alla democrazia e allo sviluppo. (Nelson Mandela).